Negli ultimi anni l’energia è tornata al centro dell’attenzione dei mezzi di comunicazione per vari motivi tra cui il drastico aumento dei prezzi delle materie prime energetiche, le diverse e importanti crisi internazionali che hanno evidenziato il legame tra geopolitica ed energia (come in Medio Oriente, Cina, Russia etc.), l’allarme per il riscaldamento globale che ha conquistato una parte crescente dell’opinione pubblica mondiale.
La quantità di energia richiesta per soddisfare la domanda mondiale è immensa e costantemente in aumento, trainata dalla crescita economica: dal 1990 a oggi l’aumento della domanda di energia mondiale è stato superiore agli interi consumi degli Stati Uniti – che, come è noto, sono il paese che consuma più energia al mondo, più del 20% del totale. Questa immensa domanda di energia è oggi soddisfatta per circa l’80% da combustibili fossili (petrolio, gas naturale e carbone) e, in particolare, per circa il 55% dai soli idrocarburi (petrolio e gas naturale). Questi, infatti, nonostante gli alti prezzi, non solo garantiscono le necessarie quantità di energia ma presentano costi molto minori rispetto alle alternative disponibili. Inoltre, la prevalenza dei combustibili fossili non è dovuta solo a motivi economici. Il petrolio è la fonte incontrastata nel settore dei trasporti anche per la versatilità nella movimentazione e nell’uso. Il gas naturale è la fonte fossile più pulita e nella generazione elettrica minimizza le emissioni non solo di anidride carbonica (CO2) ma anche di ossidi di azoto (NOx), biossido di zolfo (SO2) e particolato. Per questi motivi il processo di affrancamento dell’economia mondiale dai combustibili fossili sarà inevitabilmente difficile e di lungo termine.
Certo, questo quadro cambierebbe se i combustibili fossili stessero per finire. Tuttavia la vita residua delle riserve provate di petrolio negli ultimi decenni non è affatto diminuita, nonostante la crescita della produzione. Il limite nell’uso dei combustibili fossili non viene dal loro presunto imminente esaurimento bensì da considerazioni di carattere ambientale inerenti l’inquinamento locale (come NOx, polveri sottili e ozono nella bassa atmosfera) e quello globale (effetto serra, impoverimento della fascia di ozono dell’alta atmosfera). I combustibili fossili sono responsabili per oltre il 50% delle emissioni di anidride carbonica prodotte dall’attività umana. La chiave per uscire da questo impasse è la tecnologia. Per esempio la cattura e sequestrazione della CO2 in giacimenti sotterranei potrà risultare determinante per mitigare l’impatto ambientale dei combustibili fossili, e tale tecnologia ha un potenziale immenso. Nel più lungo termine le maggiori speranze sono legate all’utilizzo delle fonti rinnovabili, ma a tale fine i passi da fare sul piano delle tecnologie sono ancora molti. Le fonti rinnovabili di energia hanno problemi di costo e di volumi produttivi. Limitiamoci all’esempio del solare. Oggi l’energia solare copre solo lo 0,04% dei consumi mondiali di energia: un chilowattora di elettricità prodotta da fotovoltaico costa 5-10 volte in più rispetto a quello prodotto da petrolio o gas naturale, in quanto tale tecnologia è penalizzata dai costi della produzione dei pannelli e dalla bassa efficienza (capacità di convertire in energia elettrica l’energia del Sole) oltre che dal problema dell’intermittenza (di notte non produce elettricità). È per questo che il solare non ha raggiunto quote significative della produzione di energia elettrica neanche nei paesi che hanno speso di più in incentivi pubblici al settore, Germania e Giappone (in entrambi i casi la quota del solare è nell’ordine dello 0,1-0,2%). Per il futuro le effettive potenzialità del solare sono legate a innovazioni di rottura che superino la tecnologia attuale basata sul silicio.
In questo quadro è del tutto evidente che, in attesa delle risposte da parte della ricerca scientifica e tecnologica, è fondamentale non sprecare l’energia di cui disponiamo. L’efficienza energetica consente, al tempo stesso, di ridurre le emissioni di gas serra e di allungare la vita residua delle riserve di idrocarburi, permettendo alla ricerca di disporre di tutto il tempo necessario per sviluppare le soluzioni tecnologiche di cui abbiamo bisogno per sfruttare in maniera conveniente ed economica le fonti di energia alternative.
Attualmente il potenziale di risparmio energetico conseguibile grazie all’efficienza è molto maggiore del contributo derivante da qualsiasi fonte alternativa. Prendiamo in considerazione per esempio il settore del trasporto automobilistico, che a livello mondiale è il secondo, dopo il termoelettrico, per emissioni di anidride carbonica da combustibili fossili. Se il parco auto europeo e quello statunitense adottassero la migliore tecnologia motoristica già disponibile, che permette di percorrere circa 24 chilometri con un litro di carburante, si potrebbero risparmiare oltre 10 milioni di barili di petrolio al giorno, equivalenti in un anno all’intera produzione di greggio dell’Arabia Saudita. E gli Stati Uniti sono molto indietro rispetto all’Europa. Se l’efficienza media del parco veicoli statunitense raggiungesse quella del parco europeo, che è superiore del 50%, gli Stati Uniti risparmierebbero un quinto del loro consumo di petrolio, pari all’intera produzione dell’Iran.
In Europa l’efficienza energetica è considerata un importante obiettivo di politica energetica. Nel 2005 la Commissione Europea ha avviato un ampio dibattito sul tema con il Libro Verde sull’efficienza energetica. Nel Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007 i capi di Stato e di governo degli Stati membri dell’Unione Europea hanno sottoscritto l’impegno di riduzione del 20% dei consumi energetici nell’Unione rispetto alle proiezioni al 2020 – che si inquadra in una più ampia politica comunitaria che oramai ha consolidato un approccio integrato ai temi energetico e ambientale.
Anche in Italia, l’efficienza energetica può svolgere un ruolo importante nell’affrontare la sfida dell’energia e dell’ambiente, così come già accaduto in passato. Il grafico riportato mostra l’energia primaria consumata in Italia negli ultimi 35 anni e una stima dell’energia risparmiata. Quest’ultima – indicata come “Negajoule” – è calcolata sulla base dell’intensità energetica del 1971 e rappresenta l’energia che di anno in anno evitiamo di consumare grazie al fatto che dagli anni Settanta usiamo meno energia per unità di prodotto interno lordo. L’intensità energetica (il rapporto tra i consumi di energia primaria e il prodotto interno lordo) è il più classico indicatore sintetico di efficienza energetica di un paese, e riflette lo stato delle tecnologie utilizzate nonché i comportamenti energetici dei consumatori. In questo senso il grafico mostra come l’energia risparmiata grazie all’efficienza energetica sia già oggi una delle principali fonti per il nostro Paese, addirittura equivalente in termini di quantità all’intero consumo annuo di gas naturale. Il risparmio totale di energia che l’Italia ha cumulato dal 1971 ad oggi equivale agli attuali consumi annui di petrolio dell’intero continente americano, quasi 11 miliardi di barili. Il processo di riduzione dell’intensità energetica in Italia è rallentato negli ultimi anni, soprattutto a causa dell’aumento dei consumi di energia di alcuni settori, ed è opinione diffusa che ancora molto si possa fare nei prossimi anni.